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Saturday, March 7, 2009

Da evitare come la peste

Da evitare come la peste è la cosiddetta storia del jazz che l'Espresso sta allegando a partire dal numero in edicola il 6 Marzo 2008. Sono l'infelice possessore del primo dei 12 numeri - contenenti un DVD e un CD - e quindi, parlo per esperienza.

L'ho comprato nonostante qualche dubbio, e - visto il titolo - con la non irragionevole aspettativa di trovarmi di fronte ad una storia del jazz. I titoli dei capitoli in cui è suddiviso il DVD sembravano avvalorare questa interpretazione, così come i brani sul CD (Louis Armstrong con gli Hot 5 e 7, Fats Waller, Bessie Smith) per qunto un po' fuori carattere rispetto al periodo trattato, cioè le origini.

Niente di tutto ciò. Il DVD è un confuso affastellamento - condotto da Marco Nunzi - di dichiarazioni sul jazz di musicisti italiani - jazz ma anche no - che sembrano raccolte al bar alla fine di una serata di abbondanti libagioni.

Alcui momenti memorabili: Ballista che ricorda che il ragtime era "suonato nei saloon, da un pianista che stava sotto un cartello con scritto 'Non sparate sul pianista.' "; Pieranunzi che per rispondere alla fondamentale domanda "Esiste l'improvvisazione?" suona prima un po' di una suite di Bach, poi una sua parafrasi (invero scarsa) e conclude dicendo "Come vedi, l'improvvisazione è dappertutto" (e lo spettatore si augura avesse risposto "No"); il bluesman Ciotti che dice che "i neri erano esposti al blues, agli spirituals, ai gospels....la Motown viene dal gospel. Invece quelli del blues erano i ribelli".

Non solo i convenuti (o forse solo gli autori del documentario) sono evidentemente incapaci di imbastire un qualsiasi discorso storico coerente, sono anche incapaci di imbastire un discorso dotato di qualche organicità.

Aggiungo che gli unici artisti di colore interpellati sono alcuni componenti di un gruppo di percussioni africane guidato da un italiano. Tutti gli altri sono bianchi, italiani e dotati di accento centromeridionale (non che questo abbia un significato particolare, tranne fare sospettare che gravitino tutti attorno alla Casa del Jazz a Roma). Alla fine della visione si resta con la vaga impressione che il Jazz non sarebbe nato senza gli immigrati italiani (La Rocca, Roppolo et al.) e il contributo della Banda di Otricoli - Tn (da cui un bisnonno di Renzi emigrò negli USA). D'altronde, dice uno nel DVD, il jazz è una Musica Latino Americana.

La relazione tra il contenuto del DVD e quello del CD (salvo una comparsata di Bessie Smith in un film dell'epoca) è un mistero.

Il mio consiglio: se avete bisogno di una storia del Jazz, rivolgetevi a Polillo o (se siete dei musicisti) ai libri di Schuller. Questo è un promo mal fatto.

1 comment:

sergio pasquandrea said...

Se ti può interessare, sul mio blog sono tornato a parlare della Storia del Jazz dell'Espresso.