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Wednesday, March 16, 2011

Calculemus

Sento dire (e per pura carità di patria, lasciamo stare da chi):

"Smettere di fare centrali per via di Fukushima sarebbe come smettere di fare ponti tutte le volte che cade un ponte."

Nessuno di costoro ha ancora tentato di confrontare, in termini di danni, i costi di un crollo di un ponte con quello di contaminare per miglialia di anni un'area urbana abitata da 13 milioni di persone - diciamo i costi, umani e no, di evacuare per i prossimi 10,000 anni la prefettura di Tokyo dopo averla seppellita sotto una colata di cemento. (I numeri, si sa, sono scomodi).

Il primo evento è abbastanza frequente, i danni circoscritti. Il secondo rischio - dati alla mano e su base mondiale - è abbastanza raro - ma tende a presentarsi circa ogni 30 anni (Chernobyl, Fukushima). Facciamo una botta di conti?

Se pero' questo tipo di ragionamento e' ostico, vogliamo dedicare un attimo di attenzione al noto e irrazionale fazioso, nonché premio Nobel per la fisica Carlo Rubbia, che dichiarò in tempi non sospetti - e ha ripetuto in questi giorni, che il nucleare (anche di ennesima generazione) è una battagli di retroguardia, soprattutto se intrapresa oggi per coprire il 4% del nostro fabbisogno energetico fra 10 anni?

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