L'uso di questo sito
autorizza anche l'uso dei cookie
necessari al suo funzionamento.
(Altre informazioni)

Sunday, June 1, 2014

Dhalgren. Una recensione

Mi è dispiaciuto che la mia copia di Dhalgren fosse un ebook,perché ci sono almeno due cose che, con un e-book, si fanno male: tirarlo contro un muro  e saltare qua e là quando si è deciso di mollarlo. Con questo romanzo di Samuel Delany avrei voluto fare entrambe le cose. (TL;DR alla fine del post).

La trama: il protagonista, un ragazzo semiamnesiaco  che non ricorda il suo nome e che indossa un solo sandalo, e che verrà nel seguito chiamato Kid o Kidd, arriva in una città, Bellona, semi-abbandonata perché colpita da una misteriosa catastrofe ed abitata solo da un migliaio di persone. Nel corso di 800+ pagine, fa cose, vede gente, scopa un sacco, cerca di diventare un poeta e diventa, incidentalmente, anche il capo di una gang di "scorpioni" ed è acclamato salvatore della città. La fine del romanzo si ripiega sull'inizio, e la struttura, se c'è, è circolare.

Molti hanno detto che questo romanzo è un classico della fantascienza, e uno dei migliori romanzi in lingua inglese, tout court, di tutto il XX secolo. Altri hanno detto che è un lavoro di genio (alcuni lasciando intendere che quelli a cui non piace hanno qualche deficit letterario da colmare). Altri lo detestano. William Gibson è tra i primi, P.K.Dick fu, forse, tra i secondi; assieme a me. Gibson, di Dhalgren, ha anche scritto un'introduzione, che è una delle cose migliori del libro (e mi ha fatto venire voglia di leggere i lavori di Gibson): concisa, interessante, in una prosa fluida ed elegante . In breve, l'introduzione è tutto quello che il romanzo non è.

Ci sono moltissime cose che Dhalgren non è, o non ha - e su questo gli estimatori e i detrattori sono d'accordo. Dhalgren non ha una trama, non ha personaggi interessanti, non è un'opera che cerchi di creare tensione riguardo all'andamento dell'azione - che quasi sempre manca -  o alla soluzione di qualche domanda. In senso stretto, Dhalgren non è neppure un romanzo di fantascienza. Gli avvenimenti che hanno reso Bellona quello che è non sono mai spiegati e tutti quanti sembrano darli per scontati. L'economia della città, e la sua stessa esistenza, sono inspiegabili: c'è acqua corrente, energia elettrica, cibo in apparente abbondanza senza che nessuno degli abitanti faccia nulla perché questo avvenga. C'è un barista, che serve da bere a chiunque glielo chieda, senza volere niente in cambio e, per il 90% del tempo, tutti pensano che sia una cosa normale. 

Bellona, insomma, è una specie  di Eden per hippies - e non a caso, visto che Dhalgren fu scritto nel 1974 e il suo tema sembra essere il trionfo della controcultura (della fine degli anni 60)  in un mondo capovolto dal caos. Non deve quindi meravigliare che tutti si comportino sempre come se fossero permanentemente fatti, o semplicemente fuori di testa. Forse per compensare la mancanza di logica dei comportamenti, la logorrea è la norma.Tutti i personaggi parlano per pagine e pagine alla minima provocazione: gli argomenti sono la poesia, il sesso, i rapporti tra gli abitanti, la possibilità che un bianco abbia un'anima nera. Quasi  mai qualcuno si chiede come mai la disposizione delle  strade della città cambi in continuazione, o perché ci siano due lune, o come mai tutto bruci senza consumarsi o come mai...ci siamo capiti. 

Da questo la mia deduzione che  Dhalgren non sia neppure un romanzo, ma un saggio letterario, in cui l'avventura è tutta mentale, i personaggi sono simboli è quello che conta sono il linguaggio e  i concetti.

Infatti il linguaggio è molto importante, e per questo motivo il Dhalgren andrebbe letto in lingua originale. Io l'ho fatto, per scoprire che l'autore gioca costantemente colle parole, ma che il gioco è ovvio e, per giunta, abbastanza insopportabile. Delany ama pazzamente certe parole ed espressioni ( 'scab', 'filmed teeth', 'verdigrised', 'he sucked his teeth', 'pencil of blood') e le ripete ad nauseam, senza apparente necessità; è innamorato delle allitterazioni e non ne fa mistero, anzi vi si abbandona senza pudore. Dà ad uno dei personaggi il  cognome Newboy, così il giorno dopo l'arrivo del protagonista (Kidd, che vale tra l'altro 'ragazzo') il giornale locale può titolare 'Newboy in town' ('Nuovoragazzo in città'). Poi scopriremo che Newboy è l'alter ego concettuale di Kidd. Wow. Poi c'è un blocco note, scritto solo sulla facciata destra delle pagine (Kidd scrive poesie sulla facciata sinistra), che contiene lacerti del testo del romanzo stesso, e  così siamo  a posto anche con il metatesto e l'autoreferenzialità. Dhalgren è uno di quei meccanismi in cui tutti gli ingranaggi sono - fastidiosamente - in vista. Per quello che riguarda i simboli e i concetti, mi limito a dire che non sono riuscito a provare una briciola d'interesse per nessuno dei due - forse quelli buoni si annidano nella parte che non ho letto, ma ne dubito.

La satira sociale è trattata con lo stesso tocco lieve: a Bellona ci sono famiglie borghesi che si comportano come se nulla fosse successo e si invitano reciprocamente a cena, il sesso più diffuso è quello meno - tra virgolette - normale e così via. Capito?

Insomma, nemmeno la curiosità di sapere in cosa consistessero le scene di sesso e violenza che scandalizzarono all'uscita del romanzo è riuscita a portarmi oltre pagina 300, traguardo che ho raggiunto lottando contro una noia spezzata solo da momenti di insofferenza. Dhalgren mi ricorda molto da vicino i romanzi di J.G. Ballard, altro autore molto elogiato che trovo da sempre insopportabile. Quindi forse ho davvero un deficit letterario.

E' ovvio che per apprezzare Dhalgren bisogna, come si dice 'amare il genere'  (e non mi riferisco alla fantascienza). Curiosamente - o forse ovviamente - chi lo apprezza non riesce a dare ragioni specifiche, mentre chi lo detesta dà motivi molto precisi. E tuttavia continuo a ritenerlo un libro sopravvalutato - molte recensioni gli danno le fatidiche tre stelle sulla base di quello che avrebbe potuto essere (e forse sulla base del retropensiero che beh, se è piaciuto a Gibson, un motivo ci sarà)

Io non riesco a non confrontarlo, sfavorevolmente, con un romanzo simile che ho molto amato (e che forse mi ha reso impossibile leggere altri romanzi di SF postapocalittica): La strada di Cormac McCarthy.

Partendo da situazioni simili (una oscura catastrofe ha spopolato l'universo dei protagonisti), La strada è sintetico  dove Dhalgren è prolisso, ha personaggi umani, coinvolgenti, e interessanti dove quelli di Dhalgren sono stereotipati, distaccati e noiosi, ha una prosa stringata, immaginifica e lancinante dove quella di Dhalgren è eccessiva, sfocata e faticosa... potrei continuare.
Alla fine, tutti gli strati di significato e simboli (c'è da qualche parte un subtesto di mitologia romana, pare, con un Caronte da identificare nel guidatore di un camion di carciofi), e le numerose entrate e uscite da Dhalgren, che tanto sono piaciute ai suoi estimatori, mi rimarranno per sempre precluse.

Spero almeno di avere imparato, dalle ore che gli ho dedicato e che nessuno mi renderà, a fidarmi del mio intuito nello scegliere i prossimi libri.

TL;DR: Se non vi piace J.G. Ballard, non vale la pena. Forse non vale la pena comunque.

No comments: